Istituto comprensivo paritario cattolico

Dalle lettere ai Corinzi spunti per la famiglia: la pazienza

Avevo aperto questa rubrica della Newsletter della Scuola commentando il capitolo 7° del documento di papa Francesco Amoris laetitia sul tema dell’educazione dei figli.

A questo punto ritengo di fare un salto al capitolo 4° che parla dell’amore nel matrimonio. So benissimo che molte coppie di genitori dei nostri bimbi e dei nostri ragazzi non sono sposate o lo sono solo civilmente.

Non mi permetto di formulare alcun giudizio, ma siccome sento affetto per loro e per la loro missione di genitori, penso di potere offrire qualche spunto di riflessione commentando alcuni passaggi nei quali il papa traduce la riflessione di San Paolo sull’amore contenuta nell’inno alla carità presente nella prima lettera ai Corinzi al capitolo 13 (4 – 7) che recita così:

« La carità è paziente, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta ».

L’abbiamo ascoltata chissà quante volte, ma non so se abbiamo provato ad applicarla all’esistenza concreta di ogni famiglia, della tua famiglia.

Cercherò di farlo da ora in avanti iniziando con la prima caratteristica di cui parla Paolo: la pazienza. Si tratta di una virtù tanto difficile quanto necessaria. Una virtù che non ci diamo da noi stessi, ma abbiamo bisogno di invocare dall’alto. La pazienza è uno degli attributi di Dio “lento all’ira” (Es 34,6) che dà spazio e tempo al pentimento dell’uomo. Una pazienza che non è faciloneria, ma capacità di accettare le imperfezioni delle persone e i loro tempi che non sono sempre uguali ai nostri. Ascoltiamo il papa:

«Questa pazienza si rafforza quando riconosco che anche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è … L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato». (n. 92)


Prima lettera ai Corinzi – Capitolo 13

[1] Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

[2] E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

[3] E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

[4] La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,

[5] non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,

[6] non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.

[7] Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

[8] La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.

[9] La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.

[10] Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

[11] Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato.

[12] Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.

[13] Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

 

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