Il 29 novembre con la prof. Redaelli, la prof. D’Alessandro e il prof. Melillo ci incontrammo alle 8 del mattino davanti alla scuola per andare a prendere la metro, direzione Pinacoteca di Brera!
La storia della Pinacoteca
Brera nacque come dimora di un ordine religioso di Gesuiti, poi Maria Teresa d’Austria conquisto Milano e fece dell’edificio un’Accademia. Napoleone in seguito fondò la Pinacoteca arricchendola con opere saccheggiate in chiese e monasteri. Una statua in bronzo di Napoleone si trova all’ingresso dell’edificio, al centro del cortile.
Le prime impressioni
L’edificio che ci si presentò era imponente: un grande cortile circondato da portici, aule e laboratori sede dell’Accademia di Belle Arti, scuola in cui ha studiato il nostro prof. Melillo e, al piano superiore, la Pinacoteca di Brera, galleria nazionale d’arte antica e moderna. Nella prima sala trovammo una statua identica a quella che c’era all’esterno, solo che questa era in marmo e non in bronzo. La guida iniziò a spiegare il tipo di percorso che avremmo affrontato di lì a poco chiamato “Selfie d’Autore”, un’analisi di come autore e soggetto si palesino nell’opera in diversi modi.
La visita
Nella stanza accanto andammo a vedere un quadro di grandi dimensioni, “Predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto” di Gentile e Giovanni Bellini. San Marco, su di un palco, parla alla folla, composta da veneziani sul lato sinistro e da turchi su quello destro. Tra le fila scorgemmo i due autori che si son dipinti tra la folla con tratti distintivi. Nelle opere successive trovammo un modo analogo dell’autore di palesarsi, attraverso la sua firma. In maniera diversa e più o meno evidente, Mantegna, Gentile da Fabriano e Raffaello Sanzio lasciarono la testimonianza di loro con una firma o una scritta che sottolineasse chi fossero o immedesimandosi nell’opera stessa.
Passammo alla sala successiva e analizzammo opere in cui l’artista si dipinge come unico soggetto o insieme con amici. Come in un selfie Giovanni Lomazzo, Giuseppe Bossi e Umberto Boccioni sottolinearono le proprie passioni, le caratteristiche che li rendevano unici e le persone a loro care.
Molto diverso fu l’ultimo quadro, “La camera incantata” di Carlo Carrà. La camera incantata che intendeva Carrà era in realtà la soffitta di casa sua in cui concentrò tutti gli oggetti che in qualche modo descrivevano o rappresentavano la sua vita e le cose ( o persone) a lui care.
A mezzogiorno circa ci incamminammo verso la metro, fermata Duomo, per tornare a scuola. Fu una giornata splendida, in cui scoprimmo un mucchio di cose curiose, divertendoci, immersi nell’arte e in compagnia dei nostri amici e insegnati!!