La celebrazione dell’Anniversario della Liberazione è molto sentito all’interno della nostra comunità. Infatti la storia della nostra parrocchia è stata contrassegnata, negli anni cruciali dal 1943-45, da diverse figure che parlano ancora oggi di amore per il Vangelo, di libertà e democrazia.
In modo particolare l’oratorio San Luigi e la Scuola Santa Caterina divennero autentici focolai della Resistenza.
Sacerdoti, religiose e giovani si misero in gioco direttamente per essere testimoni autentici del valore della dignità della persona umana contro i soprusi causati dalla guerra e dalla dittatura nazi-fascista.
Dopo l’Armistizio (l’8 settembre 1943), con la nascita della Repubblica sociale e l’occupazione tedesca, il parroco don Enrico Mapelli, insieme ad alcuni dei suoi “ragazzi”, diede vita a una vera e propria organizzazione clandestina per dare supporto ai partigiani, nascondere i renitenti alla leva forzata, impedire la deportazione di lavoratori italiani in Germania, salvare ebrei e perseguitati.
Il teatro parrocchiale, che si trovava all’asilo Petazzi, divenne la sede del comando della 25ͣ Brigata del popolo, ma anche – insieme all’oratorio San Luigi – nascondiglio sicuro per i ricercati dalle milizie fasciste, deposito di armi, centro di raccolta e diffusione della stampa democratica. E per superare le divergenze fra le diverse anime della resistenza sestese, lo stesso don Mapelli mise a disposizione la casa parrocchiale per le riunioni del Comitato di liberazione nazionale, assumendo il delicato ruolo di tesoriere.
I fascisti erano a conoscenza dell’operato del parroco, tanto che il comandante della Brigata nera “Resega” negli ultimi giorni del 1944 scriveva nel suo rapporto: «Altro da far saltare sarebbe il prevosto di Sesto San Giovanni, certo don Mapelli, che tanti danni ha già arrecato al governo della Repubblica sociale… La sua parrocchia è un formicaio di antifascisti, di ribelli, di sabotatori». Parole che oggi suonano come un encomio alla memoria di questo sacerdote: “ribelle”, sì, ma per amore.
Nell’imminenza dell’insurrezione, don Enrico chiese alle suore di allestire presso l’asilo una sorta di pronto soccorso. Un ospedale da campo che si rivelò provvidenziale e che, all’indomani del 25 aprile, venne subito trasformato, con la benedizione del cardinal Schuster e sotto l’egida del Vaticano, in un centro di raccolta e di cura per i nostri militari che tornavano dai lager nazisti. Anzi, lo stesso coadiutore di don Mapelli, don Pietro Greco, insieme ad alcuni volontari, si recò più volte in Germania per riportare a casa centinaia di internati e di deportati.
Facendo un bilancio di quanto era stato fatto dalla chiesa di Sesto durante la Resistenza, il prevosto affermò con umiltà che il merito era «soprattutto dei miei parrocchiani e di tutti i cattolici della città».
Città che, in tutte le sue componenti, lo pianse come un padre quando da lì a non molto, nel 1948, don Enrico lasciò questa vita terrena.
Ringraziamo le autorità cittadine presenti, le Associazioni partigiane e gli alpini, per aver condiviso con noi la celebrazione del 25 Aprile.