Ricordo che, dallo scorso numero di questa newsletter, sto facendo riecheggiare il capitolo IV di Amoris laetitia, il documento di papa Francesco sull’amore vissuto in famiglia.
Il papa prende spunto dal famoso inno alla carità della prima lettera ai Corinti di san Paolo e dopo la caratteristica della pazienza, descrive quella della benevolenza.
Per vivere bene in famiglia non basta essere passivamente pazienti, ma attivamente benevoli. Non si tratta solo di sopportare, ma di essere proattivi, di giocare d’anticipo.
Questo perché l’amore non è solo un sentimento, ma una volontà di bene, un fare il bene. Ignazio di Loyola affermava che “l’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole”. L’amore va fatto, più che parlato. E dove meglio che nella vita familiare, nella storia di una coppia che si allarga alla relazione coi figli, viene sperimentata la verità di questa affermazione?
Il cristiano “paziente” non è rappresentato da quelle immaginette di santi col collo storto, bensì da uomini e donne che danno con gioia, che si donano con generosità e senza calcoli, senza aspettarsi chissà quali ricompense.
Leggo e rileggo queste parole e mi convinco sempre più che il cristianesimo non è la strada per andare in paradiso dopo questo mondo, ma la via più certa per rendere questo mondo un po’ più simile al paradiso, a cominciare dalla nostra famiglia.
Amoris Laetitia – 89 – Capitolo IV
89. Tutto quanto è stato detto non è sufficiente ad esprimere il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore. Perché non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare. In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto «a perfezionare l’amore dei coniugi».[104] Anche in questo caso rimane valido che, anche «se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (1 Cor 13,2-3). La parola “amore”, tuttavia, che è una delle più utilizzate, molte volte appare sfigurata.[105]