Istituto comprensivo paritario cattolico

Amoris Laetitia – maschile e femminile nell’educazione sessuale dei ragazzi

Continuando la riflessione sul delicato tema della educazione sessuale dei ragazzi, i numeri dal 283 al 286 di Amoris Laetitia evidenziano come questa spesso si appiattisce sulla ricerca di un “sesso sicuro” che arriva a trasmettere un atteggiamento negativo verso la finalità procreativa della sessualità stessa: il figlio finisce per essere visto quasi come un nemico dal quale proteggersi.

Va incoraggiata piuttosto un’educazione sessuale che conduca ad imparare le diverse espressioni dell’amore, la cura reciproca, la tenerezza rispettosa, … che prepareranno a pensare un’unione sessuale come segno di un impegno totalizzante che trova nel matrimonio il suo contesto più eloquente. Ma – si chiede il Papa – “chi parla oggi di queste cose? Chi li aiuta a prepararsi seriamente per un amore grande e generoso?”.

Differenza tra Stimare e Rispettare

Interessanti i nn. 285 e 286 dove viene affrontata la questione della “differenza” da stimare e rispettare per sconfiggere ogni paura rispetto a chi è “altro” da me, foriera di un narcisismo che chiude in se stessi. La differenza tra femminile e maschile non è solo qualcosa di biologico, bensì di temperamentale, di culturale, frutto dell’azione educativa.

Contro ogni delirio tipico della teoria del gender

Contro ogni delirio tipico della teoria del “gender” il Papa ricorda come “la differenza tra maschile e femminile“ sia anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze”. Ma “è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido” e i ruoli devono diventare sempre più interscambiabili, anche per far fronte alle mutate condizioni di vita e di lavoro delle coppie. Nessun ruolo potrà essere confinato nell’ambito maschile o femminile “fino al punto di arrivare a considerare come poco maschile dedicarsi all’arte o alla danza e poco femminile svolgere un incarico di guida”.

Don Roberto Davanzo

Gestore dell’Istituto S. Caterina da Siena


Amoris Laetitia – 283 – 286 – Sì all’educazione sessuale

"Amoris Laetitia - 283" Frequentemente l’educazione sessuale si concentra sull’invito a “proteggersi”, cercando un “sesso sicuro”. Queste espressioni trasmettono un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza. È irresponsabile ogni invito agli adolescenti a giocare con i loro corpi e i loro desideri, come se avessero la maturità, i valori, l’impegno reciproco e gli obiettivi propri del matrimonio. Così li si incoraggia allegramente ad utilizzare l’altra persona come oggetto di esperienze per compensare carenze e grandi limiti. E’ importante invece insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso. Tutto questo, infatti, prepara ad un dono di sé integro e generoso che si esprimerà, dopo un impegno pubblico, nell’offerta dei corpi. L’unione sessuale nel matrimonio apparirà così come segno di un impegno totalizzante, arricchito da tutto il cammino precedente.
"Amoris Laetitia - 284" Non bisogna ingannare i giovani portandoli a confondere i piani: l’attrazione «crea, sul momento, un’illusione di unione, eppure senza amore questa “unione” lascia due esseri estranei e divisi come prima».[303] Il linguaggio del corpo richiede il paziente apprendistato che permette di interpretare ed educare i propri desideri per donarsi veramente. Quando si pretende di donare tutto in un colpo è possibile che non si doni nulla. Una cosa è comprendere le fragilità dell’età o le sue confusioni, altra cosa è incoraggiare gli adolescenti a prolungare l’immaturità del loro modo di amare. Ma chi parla oggi di queste cose? Chi è capace di prendere sul serio i giovani? Chi li aiuta a prepararsi seriamente per un amore grande e generoso? Si prende troppo alla leggera l’educazione sessuale.
"Amoris Laetitia - 285" L’educazione sessuale dovrebbe comprendere anche il rispetto e la stima della differenza, che mostra a ciascuno la possibilità di superare la chiusura nei propri limiti per aprirsi all’accettazione dell’altro. Al di là delle comprensibili difficoltà che ognuno possa vivere, occorre aiutare ad accettare il proprio corpo così come è stato creato, perché «una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato […] Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere se stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente».[304] Solo abbandonando la paura verso la differenza si può giungere a liberarsi dall’immanenza del proprio essere e dal fascino per sé stessi. L’educazione sessuale deve aiutare ad accettare il proprio corpo, in modo che la persona non pretenda di «cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».[305]
"Amoris Laetitia - 286" Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento. È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido. Perciò è possibile, ad esempio, che il modo di essere maschile del marito possa adattarsi con flessibilità alla condizione lavorativa della moglie. Farsi carico di compiti domestici o di alcuni aspetti della crescita dei figli non lo rendono meno maschile, né significano un fallimento, un cedimento o una vergogna. Bisogna aiutare i bambini ad accettare come normali questi sani “interscambi”, che non tolgono alcuna dignità alla figura paterna. La rigidità diventa una esagerazione del maschile o del femminile, e non educa i bambini e i giovani alla reciprocità incarnata nelle condizioni reali del matrimonio. Questa rigidità, a sua volta, può impedire lo sviluppo delle capacità di ciascuno, fino al punto di arrivare a considerare come poco maschile dedicarsi all’arte o alla danza e poco femminile svolgere un incarico di guida. Questo, grazie a Dio, è cambiato, ma in alcuni luoghi certe concezioni inadeguate continuano a condizionare la legittima libertà e a mutilare l’autentico sviluppo dell’identità concreta dei figli e delle loro potenzialità.

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